Breve e amichevole viatico al narrare di Dino Raccanelli |
Le narrazioni di Dino Raccanelli sono contrassegnate, fin dalla memorabile e sorgiva saga della Crossa, da un elemento di forte coralità. La Storia vi si travasa attraverso il cunicolo di una vicenda minore e con l’intreccio di una voce protagonista che, quasi sempre, svolge la funzione di sintesi, di incarnazione, di prospettazione della “visione” del coro. Già, il coro. Non un coro uniforme però e nemmeno il depositato di una amorfa passività di massa. Il coro che parla in questo e negli altri racconti paesani di Raccanelli è appassionato, è somma di individualità marcate, è, appunto, condensato storico di sentieri esistenziali che dalla Storia e dalla Comunità fanno il loro mondo di vita. Comunità è un’altra parola implicita, ma determinante nei rendiconti narrativi dell’Autore: essa implica il dono della vita associata, della solidarietà fatta di piccole reti di mutuo e tradizionale sostegno, ma anche la responsabilità, il sacrificio di sé per il bene comune. Il protagonista del racconto, Fortunato Cicin, nella sua semplicità di uomo delle campagne profonde, incarna esattamente l’idealtipo del cittadino responsabile: si assume carichi, risponde, appunto, per altri e mai intende gli spazi pubblici come strumenti dell’interesse privato. Questa di Fortunato è, nel coro e attraverso il suo essudato esistenziale, una lezione civica che proietta il racconto di Raccanelli dallo sfondo di una Belle Epoque in formato padano (e quindi coi suoi cicli di ritardo in termini di modernizzazione), all’oggi: una attualità politica e sociale entro la quale la coralità della Schivenoglia giolittiana e il senso civico di un rappresentante come Fortunato Cicin, hanno lasciato desolatamente il posto all’egoismo di massa e alla separazione cinica e irrefrenabile della politica dall’etica comunitaria. Se la Storia ha da insegnare qualcosa, il racconto storico di Raccanelli svolge egregiamente questo compito: con le sue nuances poetiche e col suo occhio incantato sulle emergenze del tempo. Tempo di trasformazioni piuttosto precipitose, anni che dall’indotto di una politica di compromesso liberale, lasciano filtrare i risultati più deteriori della versione nazionalistica di quel compromesso: da cui l’impoverimento sociale e culturale, da cui la Grande Guerra e l’avvento del Fascismo. Un tempo che viene restituito con pertinenza storica e cognizione di causa, strutturandosi il narrato dell’autore su un impasto assai originale di documentazione e di fantasia. E’ come se Raccanelli, chiudendosi nel suo laboratorio di scrittore, mettesse i cilindri di un potente motore negli inerti meccani della cronaca e del materiale d’archivio: così ci viene praticamente restituita, nel suo complesso articolarsi di vissuti coralmente intrecciati, la quotidianità di un gruppo umano che risponde al doloroso e travolgente svolgersi della Grande Guerra attraverso la tenacia di un vivere semplice ma che ad ogni passaggio di pagina ci tramanda irrecusabile la traccia del suo valore: l’autenticità. La stessa che ci pare di poter riscontrare nelle trasfigurazioni narrative e nelle esperienze vissute di Dino Raccanelli. Walter Loddi |
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